com’è andata questa prima settimana di zona rossa?
ne parlavo a cena – ovviamente con il mio coinquilino, aka il mio ragazzo – e riflettevo sul fatto che il tempo, non potendo scandirlo con una cena fuori, un weekend fuori porta o le cose che prima ci sembravano normali, passa ancora più in fretta, le settimane si confondono e di colpo domani è già primavera – aggiungo un’evviva, perché non vedevo l’ora come ogni anno che finisse l’inverno, ma nel 2021 più che mai.
forse il tempo, semplicemente, inizia a funzionare in questo modo dopo i trent’anni, e devo, semplicemente, far pace con madri e zie che “alla tua età avevo già una figlia”, o forse è davvero così per tutti; e da un lato meglio, perché la pandemia nei nostri ricordi durerà molto meno e sarà più sopportabile, come per ogni trauma che si rispetti; dall’altro peggio, perché sembra di aver regalato un anno della propria vita che non tornerà mai più. e poi vogliamo parlare di chi ha la mania di organizzare sempre tutto? sì, gaccio, sto pensando a tutti quelli come me e te. tu come la stai vivendo?
va a finire che qui noi si fa una volta alla settimana una spesa super organizzata, con la scansione dei pasti, piatto forte, contorno e dolce e abbinamento col vino giusto per ogni giorno, cena e a volte pranzo, così risparmiamo (insomma) e soprattutto fingiamo che sia tutto come prima, quando litigavamo per scegliere il ristorante.
quello di cui non hai bisogno, oltre a questa newsletter
nella scorsa newsletter, comunque, ti avevo parlato di vinted, di app per vendere e comprare vestiti usati, vintage e customizzati o, viceversa, per svuotare l’armadio. non ho fatto cenni al marketplace di facebook, anche quello si è rivelato nel mio caso estremamente utile – ma occhio a quelli che ci provano, che poi ti tocca bloccarli.
e non è l’unico rischio: non posso infatti non parlarti dell’effetto diderot, ovvero quel meccanismo psicologico che ti spinge ad acquistare in modo incontrollato ciò di cui non avresti bisogno – qui su youmanist ho fatto scrivere un bel pezzo a silvia granziero, ma se non hai tempo per un longform puoi leggere la mia sintesi.
il nome lo prende proprio dal filosofo e scrittore francese inventore dell’enciclopedia insieme al collega d’alembert. diderot ricevette in dono una splendida vestaglia, molto più preziosa e in buono stato dei suoi abiti. in breve tempo però si rese conto che quella vestaglia poco c’entrava con gli oggetti e gli indumenti della casa in cui la indossava. colto da un leggero disagio, decise di rinnovare i mobili della casa, le tende, i tappeti e così via, in modo che tutto fosse altrettanto elegante e in pendant.
è quello che succede a tutti noi quando lo stile e la logica coerente degli oggetti che ci appartengono viene violata, e si compra o si riceve qualcosa in regalo molto diverso dagli altri oggetti che possediamo – o da una precisa unità di oggetti. ecco che per ristabilire quella coerenza veniamo risucchiati in un vortice di consumo e di acquisti pericolosi.
io sono un ottimo esempio di vittima dell’effetto diderot, e dopo essere riuscita a liberarmi di svariati capi che occupavano posto nell’armadio ne ho comprati giusto un altro paio. il problema è che dopo essermi accattata su vinted una giacchetta con il colletto alla blow – non intendo questo:
ma questo:
mi sono sentita costretta ad abbinarci la camicia e il dolcevita giusto, una scarpa che andasse di conseguenza e il jeans che la valorizzasse... qui ho anche preso delle delle calze pazzesche. ora sono in crisi con il capello, e quello qui sopra sarà indubbiamente il prossimo riferimento per il mio parrucchiere.
nomi, nomen omen
l’effetto diderot in realtà non è stato teorizzato dal filosofo francese nell’ottocento, ma verso la fine degli anni ’80 dal sociologo grant mccracken. questo mi permette di collegarmi allo spunto che justin, conosciuta qualche settimana fa su clubhouse e subito riconosciuta come anima a me affine, mi ha regalato in un commento alla mia precedente newsletter, rispetto a una sua mania. cito:
“indagare le origini nei nomi delle persone. quando qualcuno mi dice il suo nome, anche e soprattutto il cognome, è inevitabile per me cominciare a elucubrare sulle sue origini, su che tipo di genitori diano quel particolare nome, insomma su quello che dice di lei/lui e del contesto da cui proviene.”
innanzitutto, oggi è il mio onomastico, auguri a me e a sant'alessandra di amiso. sul mio nome, prima di leggere harry potter, di scoprire gli epiteti formulari e di andare in vacanza in grecia, il tutto ai tempi delle medie, non mi ero mai interrogata. alexander deriva dal greco alexandros, composto di aléxein ("difendere", "aiutare" – ora è più chiaro perché l’assistente amazon si chiama così?) e andros ("uomo"). in sostanza il mio nome significa che sono una protettrice degli uomini, e il mio senso di giustizia mi dice che forse i miei hanno scelto il nome giusto. e pensare che mia madre avrebbe anche voluto chiamarmi marta, che viene dall’aramaico “signora”.
secondo nomix.it, “in italia ci sono circa 154716 persone di nome alessandra” e dopo il boom del 2005 ha perso parecchio di popolarità. qui trovi la classifica dei nomi più indagati in italia aggiornata in tempo reale – che non significa che ci sono un sacco di giulia – o meglio, anche – ma che sicuramente le persone di nome giulia oltre a essere numerose si sono chieste più di tutte il significato del proprio nome. in alto in classifica c’è anche “swami”, e secondo il sito è colpa di dj ringo.
così “lanza”, il cognome che ho ereditato dalla famiglia di mio padre, piemontese da generazioni, dovrebbe arrivare dalla sicilia, e mi lascia immaginare che nelle mie vene scorre almeno una piccola parte di sangue isolano.
ti sei mai interrogato sull’origine del tuo nome e cognome? cosa hai scoperto?
qui puoi trovare qualche informazione in più su dove sono localizzati i tuoi omonimi nel mondo, magari scopri di avere un parente in honduras e sei già a posto per le vacanze;
qui puoi farlo in maniera apparentemente più precisa;
qui, invece, trovi un sacco di altre cose interessanti, ovviamente come sempre vogliono in cambio i tuoi dati.
nomi 2, ma quindi, perché maniae?
simili alle erinni, nella mitologia greca le manie erano divinità con il terribile potere di suscitare nell’animo di chi avesse commesso qualche colpa la follia, trascinandolo a compiere azioni incontrollate e incontrollabile, o a commettere crimini, delitti, sacrilegi. in latino la mania è la follia in senso più negativo – o, con lettera maiuscola, la divinità madre dei lari –, mentre in greco prende anche il significato leggermente più positivo di esaltazione o ispirazione.
qui cito treccani:
manìa s. f. [dal gr. μανία, affine a μαίνομαι «smaniare, essere pazzo»; cfr. il lat. tardo manĭa]. – 1.a. termine usato un tempo nel linguaggio medico per indicare varî tipi di disturbi mentali, e ancora vivo nel linguaggio com. con il sign. generico di disturbo mentale: avere una m.; essere preso da una m.; m. di persecuzione, di grandezza; m. suicida.
b. fig. tendenza esclusiva e smodata verso qualche cosa, infatuazione fanatica, come fenomeno individuale o collettivo: ha la m. del cinema, del calcio, della caccia subacquea; è una m.!; tutti vogliono dimagrire:è diventata una mania. Il termine è stato usato anche con il sign. di entusiasmo, invasamento religioso (per es., m. divina o divina mania).
2. con sign. specifico, in psichiatria, stato psichico caratterizzato da euforia, allegria e ottimismo immotivati, da alterata attività mentale, talvolta con idee deliranti, da attività motoria disordinata che, nei gradi estremi, può giungere a stati di grave agitazione psicomotoria.
tutti abbiamo maniae positive e negative, tutti abbiamo qualche ossessione, distruttiva o costruttiva. il 2020 ha esacerbato le mie, quelle latenti, e mi ha messo in condizione di passare dall’euforia all’ansia più soffocante. questa newsletter vuole essere uno spazio in cui analizzarle, approfondirle, prenderle con un po’ di ironia – e, non ultimo, segue la generale mania per le newsletter, che non potevo non sperimentare, essendo abbonata a un centinaio di mail settimanali che puntualmente non leggo.
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giovedì, a proposito di ansia, ho avuto una bella crisi di panico. un amico mi ha aiutato con un’ancor più bella meditazione via skype. se non avete la fortuna di avere tra i contatti qualcuno di così disponibile, potete sempre seguire la tecnica di marina abramovic.
cose (da visitare e ascoltare)
pochi giorni fa cadeva il compleanno di gabriele d’annunzio, uno dei più grandi accumulatori seriali che la storia ricordi – nelle stanze stanze della sua umile dimora sono conservati circa 10mila oggetti e 33mila libri, anche in questo caso possiamo dire troppe cose.
appena salutiamo la zona rossa, se siete localizzati al nord, vi consiglio una bella scampagnata verso gardone riviera, in provincia di brescia e affacciata sul lago. lì c’è il vittoriale, la casa con parco che d’annunzio comprò e trasformò in un luogo pazzesco esattamente cent’anni fa. c’è anche un anfiteatro in cui nel 2016 ho avuto la fortuna di godermi un concerto dei kings of convenience vista tramonto sul lago. sì, ho pianto tutto il tempo.
e ho appena scoperto che l’avvocato giuseppe mangiameli, conosciuto nel 2019 grazie a un corso di music management di santeria, era lì per deerwaves. qui l’album più bello del duo che ci manca tanto.
qui invece, tornando al vittoriale, ’articolo di matteo, il mio coinquilino aka ragazzo, con cui l’ho visitato lo scorso ottobre, prima di una delle vecchie zone rosse, e alcune foto che ho scattato io. purtroppo mancano quelle degli interni, la guida mi ha impedito di flashare in ogni stanza. la cosa più bella è stato sapere che d’annunzio aveva due ingressi con sala d’aspetto. una per gli amici, calda accogliente, l’altra per nemici, creditori e gente come mussolini, con sedie scomode e attese infinite.
cose (che speriamo non rimandino)
se tutto va bene, quest’anno i rencontres d’arles, il festival di fotografia ospitato dalla cittadina francese, si faranno. l’anno scorso sarebbe stato il cinquantesimo anno dal 1970, ma sappiamo com’è andata. io non ci sono mai stata, ho ascoltato racconti leggendari dei miei amici fotografi e non vedo l’ora di immergermi in quell’atmosfera.
città
per chiudere il tris annunciato nel titolo, vi consiglio segnali dal futuro, la newsletter curata dal mio amico stefano daelli, che mi ha suggerito di usare substack per la mia impresa, oltre che da matteo brambilla e davide agazzi.
poesia
il 13 marzo il covid si è portato via giovanni gastel, grandissimo fotografo che ha cambiato la fotografia di moda in italia, per farla molto breve. l’ho intervistato per la prima volta nel 2015: avevo 24 anni e ne dimostravo 16 ed ero agitata perché ci tenevo molto a fare un buon lavoro, ma lui mi ha messo subito a mio agio, con una cortesia e un garbo che avevo conosciuto poche volte. all’epoca mi regalò la sua biografia, “un eterno istante”. il titolo mi sembra più che mai calzante con quello che stiamo vivendo.
la volta successiva che andai a trovarlo tornai a casa con il catalogo della sua nuova mostra e con un libro di poesie, perché oltre che fotografo giovanni era anche un eccellente poeta, passione ereditata dalla madre, carla erba, di cui giovanni era l’ultimo figlio di sette.
“sono un vecchio ammaestrato
che di giorno ripete la parte
ma in silenzio nell’oscurità
coltiva un progetto imprudente
salvare ciò che resta del ricordo
proteggerlo dai colpi del tempo.”
(giovanni gastel, milano 2009)
poesia 2
domani, oltre a essere il primo giorno di primavera, è anche la giornata mondiale sulla sindrome di down. io saluto l’inverno con questa poesia di emily dickinson.
c'e' una certa inclinazione di luce,
i pomeriggi d'inverno
che opprime, come il peso
di musiche di cattedrale
una ferita celeste, ci apporta
non ne troviamo cicatrice,
ma una interna differenza,
dove stanno i significati
nessuno puo' insegnarla altrui
è il sigillo la disperazione
un'imperiale afflizione
inviataci dall'aria
quando viene, il paesaggio ascolta
le ombre trattengono il fiato
quando va, è come la distanza
nell'aspetto della morte.
ci leggiamo nel prossimo episodio, se hai suggerimenti, segnalazioni o spunti, rispondi a questa mail o in un commento <3
rettifica: nella nl del 13/03 ho parlato di gogol’ostello, ma la libreria in via savona 101 si chiama gogol&company, e la trovate qui.